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Sala VI “ Lavorazione delle farine e preparazione del pane”

Sala VI “ Lavorazione delle farine e preparazione del pane”
Questa sala introduce ai temi della preparazione dei cereali e alla panificazione. Quasi esclusivamente femminile era il ciclo vero e proprio della panificazione, sia nelle fasi preliminari (lavaggio e vagliatura del cereale, molitura, setacciatura) sia nel processo vero e proprio di produzione ( la preparazione del lievito, lavorazione dell’impasto, modellazione dei pani, cottura). I sistemi usati in Sardegna per la molitura dei cereali erano fondamentalmente due: la mola asinaria, variante della mola romana antica, e i mulini ad acqua. Successivamente si diffusero i mulini pubblici elettrici che decretarono la quasi totale scomparsa dei sistemi precedenti.

La cucina è l’ambiente multifunzionale, dove si svolge la somma in successione di quei processi che portano alla panificazione domestica. A sinistra in primo piano la mola asinaria formata da due pesanti piastre di pietra circolari (palmenti) sovrapposte l’una sull’altra (la macina vera e propria) e il contenitore dove cade il macinato. La tramoggia in legno, è tenuta sospesa da un telaietto autonomo fissato ad una parete. A muovere la macina girando sempre in senso antiorario un asinello di piccola taglia, che veniva bendato. Il posto della mola a seconda della condizione sociale poteva trovarsi o in una corte oppure in cucina. Sul fondo un silos detto lùssia o òrriu, per la conservazione dei cereali in ambito domestico. Appesi alle pareti setacci, pentole in rame, una piattaia contenente diversi tipi di ceramiche. Sulla destra due figure femminili, una giovane donna in abito tradizionale di Samassi e una più anziana, in abito di Settimo San Pietro, stanno preparando l’impasto per il pane. Sugli abiti le due donne indossano grembiuli, fazzoletti e camicie rigorosamente bianchi. Dal soffitto pendono teli di lino e cotone usati per avvolgere il pane nelle varie fasi della lavorazione.

“I pani tradizionali”
I pani del Museo provengono in parte dall’attività di documentazione condotta dall’ISRE sul territorio e, per parte più significativa, dalla collezione della Cattedra di Storia delle Tradizioni Popolari della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Cagliari, avviata a metà degli anni Sessanta del secolo scorso con la grande ricerca promossa da Alberto Mario Cirese.
Nel 1990, per iniziativa di Enrica Delitala, questi pani sono stati donati all’ISRE. I pani esposti sono oltre trecento, con una grande varietà di forme e di tipologie. e pA seconda del tipo di lavorazione si distinguono pani a pasta morbida come il civràxu e moddizzòsu e pani a pasta dura come il coccoi e il pane russu.
Seguono i pani giornalieri, festivi e nuziali più elaborati con forme di trecce, uccelli, cuori, ad anello oppure dischi più o meno decorati con elementi vegetali ed animali. Pani “per i bambini” confezionati e talvolta modellati dagli stessi, in particolare dalle femmine, avevano forma di bambole, animaletti, cestini e costituivano quasi dei giocattoli commestibili. Ai bambini più piccoli durante il periodo della dentizione venivano dati i pani /dentaroli servivano per lenire le gengive irritate. Pani per commemorare i defunti: la famiglia del morto in varie scadenze (trigesimo, anniversario.) e per i tempi più o meno lunghi (ad esempio per un anno intero) donava ai poveri e a parenti ed amici del pane cerimoniale “per l’anima del defunto”. Pani cerimoniali in occasione della Domenica delle Palme, della Pasqua, del Natale, del Capodanno, e per le celebrazioni di Sant’Antonio Abate del 17 gennaio, di Sant’Agata il 5 febbraio, di San Biagio il 3 febbraio, San Marco, Santa Rita, Sant’Antonio da Padova, San Giovanni Battista.

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