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Miti tipi archetipi

Mostra promossa dall'Amministrazione Provinciale di Nuoro, Assessorato alla Cultura e alla Pubblica Istruzione, dalla Regione Autonoma della Sardegna Assessorato alla Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Sport, Spettacolo, in collaborazione con il Comune di Nuoro, l'Istituto Superiore Regionale Etnografico e con il patrocinio Alto patronato del Presidente della Repubblica.

Esposizioni
Francesco Ciusa Casa Museo G. Deledda ore 9-13 e 16-20;
Costantino Nivola Museo del Costume ore 9-13 e 16-20;
Pinuccio Sciola Piazza Salvatore Satta ore 9-13 e 17-21;
Giovanni Canu Casa Buscarini ore 9-13 e 17-21.

Nel corso degli ultimi cento anni due fenomeni artistici hanno collocato Nuoro e la Barbagia in una posizione di particolare prestigio: una grande letteratura e una grande scultura.
E se i romanzi di Grazia Deledda e di Salvatore Satta hanno fatto conoscere a milioni di lettori l'affascinante realtà del piccolo pianeta barbaricino; e se le sculture di Francesco Ciusa e di Costantino Nivola hanno rivelato ad un pubblico non meno folto il volto più segreto di un popolo e di una civiltà, le opere di Giovanni Canu e di Pinuccio Sciola mostrano i risultati non meno suggestivi di una ricerca che si rivela ogni giorno più feconda.
Quattro mostre sotto un'unica insegna, "Miti Tipi Archetipi", ospitano, in quattro sedi diverse, la produzione più significativa di questi scultori che ci sembra abbiano meglio interpretato la naturale inclinazione dei sardi ad intervenire sulla materia che li circonda con maggiore frequenza e imponenza - la pietra - per "segnarla" e ricavarne "forme" particolarmente consone alla nostra millenaria tradizione figurale.

Non a caso alcuni fra i migliori critici italiani e stranieri hanno segnalato nelle opere di questi artisti la presenza di elementi che consentono di stabilire un rapporto tutt'altro che casuale fra le loro opere e le statuine litiche, le grandi pietre menhir, la statuaria nuragica recentemente scoperta e i bronzetti della stessa epoca.
Si tratta, in primo luogo, di affinità formali, facilmente ravvisabili sia nella concezione monolitica e megalitica delle singole opere e nella loro straordinaria intensità espressiva, che nella particolare definizione spaziale e nella insopprimibile aspirazione a superare i limiti della scultura intesa come opera singola, a favore di un suo inserimento in un più vasto intervento architettonico, nel quale ogni singolo elemento tende a trasferire intera la propria carica di tensione e di suggestione.
Ma, a di la' di queste pure importanti affinità formali, altre ve ne sono non meno profonde e sostanziali, che rivelano la continuità e la vitalità di una tradizione che non è solo estetica, ma anche densa di contenuti intellettuali e morali.
E sono proprio questi contenuti a fare della scultura sarda un prodotto originale e inconfondibile, espressione di un immaginario che si è formato attraverso un lunghissimo processo di accumulazione, prima che nel confronto con le tecniche e con i linguaggi dell'arte moderna e contemporanea.

Da questo punto di vista esemplare è proprio l'opera di Francesco Ciusa, il padre fondatore della scultura sarda che, dopo avere appreso la lezione di maestri eredi e continuatori, come il Martini, della più limpida tradizione classica, crea La madre dell'ucciso sulla quale convergono le più profonde suggestioni della nostra civiltà e della nostra cultura, riassumibili in quell'archetipo della madre-vita-morte, che continuerà ad esercitare la sua pressione anche sugli scultori successivi.
Ciusa si colloca così fra i più straordinari creatori di miti della Sardegna del nostro tempo, nel momento in cui, terminata la sovversione dell'arcaica società barbaricina, l'aspirazione al "moderno" sembra porsi in conflitto irriducibile col passato remoto e recente.
Senza Ciusa, la continuità della tradizione figurale sarda si sarebbe interrotta e più difficile sarebbe stata la successiva rivendicazione della nostra identità avviata da Nivola, a partire dagli anni '30, con un linguaggio formale che lo colloca fra i maggiori promotori della scultura contemporanea. Con Nivola, la rivelazione degli archetipi, delle idee prima sepolte nell'inconscio, è totale. E con essa, ancora una volta, la manifestazione di "quel comportamento mitologico" così proprio dei sardi e che ne fa dei naturali creatori di miti.

Tali sono, ciascuno a suo modo, anche Giovanni Canu e Pinuccio Sciola.
Barbaricino l'uno - di Mamoiada - sensibile alle pressioni di archetipi talvolta minacciosi, sempre aggressivi e pressanti; uomo delle pianure aperte sul mare - di San Sperate - l'altro, sulla cui ispirazione soffiano le brezze salutari di una civiltà piu' mite e pacifica.
In nessuno di questi scultori così diversi per formazione, per esperienze culturali e per collocazione temporale, ne' l'arcaicità ne' la modernità dei linguaggi è mai imitazione o rivisitazione di forme e di modelli altrui, ma essenzialità e precisione di linguaggi elaborati sul fondamento dell'originalità e della specificità delle proprie origini e continuamente sottoposti alle verifiche della ricerca e della sperimentazione.

L'ambizione di "Miti Tipi Archetipi" è quella di proporre una "lettura" della scultura in Sardegna nel suo svolgimento ormai secolare e nei suoi straordinari risultati.
Nel nome di Costantino Nivola, mancato alla nostra cultura proprio quando la sua lezione artistica e morale cominciava a dare tutti i suoi frutti.